“Una comunità può avere una tradizione limitata soltanto a una o due melodie, ma sa esattamente come debbano essere cantate”.
Sono le parole di Alan Lomax (1915-2002) etnomusicologo e antropologo americano, che negli anni 1954-55 compì uno straordinario viaggio in Italia, un “vagabondaggio organizzato” – di cui ci restano oltre 50 ore di registrazioni sonore, mille fotografie, appunti, note e lettere – raggiungendo e attraversando le profondità dell’entroterra calabrese.
Nella nostra regione, Lomax trovò un mondo fatto di voci e canti, dialetto e poesia: la canzone è parte integrante della vita degli uomini, dei pescatori e dei contadini, dei lunghi viaggi a piedi, dei momenti di festa ma anche tra i gesti della quotidianità.
Dal 25 luglio al 6 agosto 1954, Lomax e Carpitella, provenienti dalla Sicilia, trascorrono una dozzina di giorni a registrare, fotografare e incontrare gente di Calabria: Scilla, Melia, Bagnara, Cardeto, Giffone, Mammola, Cinquefrondi, Vibo Marina, Nicastro, Feroleto Antico, Serrastretta, le tappe principali, prima di proseguire verso la Puglia.
“I migliori cantori dell’Italia del Sud usano un attacco vocale teso, a volte perfino strangolato, molto simile a quello dell’Africa del Nord […] L’espressione sui volti di questi cantori è tesa e dolorosa […] Possono intonare i loro accordi solo urlando così: quando chiesi loro di ripetere un verso a bassa voce, l’armonia andò in pezzi e non riuscirono a ricordare la melodia.”
“Molte canzoni meridionali per bambini sono ninne nanne. A Sud queste melodie sono lente, piene di un’ineffabile tristezza”.
“Il modo in cui Alan Lomax abbraccia le diverse realtà italiane, i paesaggi e la gente è sincero, non è scontato né predeterminato. Lo si sente nelle sue parole e nelle sue fotografie […] Si sente la sua gratitudine e la sua gioia per essere stato in grado di vagare tra tante magnifiche culture locali, antiche eppure intensamente vive”.
Martin Scorsese – New York City
(Fonti: “Alan Lomax. L’anno più felice della mia vita. Un viaggio in Italia 1954-1955” a cura di Goffredo Plastino; Giuseppe M. S. Ierace, “Lettere Meridiane” n.27-28”)