Lo spettacolo promosso dalla Citta Metropolitana in scena a Locri il 22 agosto
In occasione del cinquantenario del ritrovamento dei Bronzi di Riace, sono tanti gli eventi estivi promossi dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria, per valorizzare le bellezze del patrimonio culturale e archeologico del territorio.
A mezzo secolo dalla scoperta, gli eroi venuti dal mare sono infatti protagonisti dell’estate in Calabria.
Palcoscenici d’eccezione degli appuntamenti in programma, luoghi simbolo della Magna Grecia: i suggestivi parchi archeologici di Locri, Kaulon e Palmi, il borgo di Scilla, il centro storico e al lungomare di Reggio Calabria, Riace e, naturalmente, il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria.
Nel prestigioso cartellone, promosso e finanziato dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria, si inserisce lo spettacolo “Sette contro Tebe”, una produzione del Centro Teatrale Meridionale diretto dal regista e attore Domenico Pantano, che andrà in scena lunedì 22 agosto alle ore 21:30, con ingresso gratuito, presso Teatro greco romano del Parco Archeologico nazionale di Locri.
“Sette contro Tebe” da Eschilo, adattamento di Aurelio Pes, per la regia di Nicasio Anzelmo racconta la seconda più antica tragedia di Eschilo giunta a noi per intero, rappresentata per la prima volta ad Atene alle Grandi Dionisie del 467 a.C. Fa parte di una trilogia di cui sono andati perduti i primi due testi, Laio ed Edipo.
Lo spettacolo del CTM vanta la collaborazione del prestigioso Festival Dionisiache di Segesta e vedrà in scena gli attori: Lorenzo Parrotto (Eteocle), Roberta Azzarone (Antigone), Giovanni Carta (Creonte, Tiresia), con la partecipazione dello stesso Domenico Pantano (Ermocrate), e con Anna Lisa Amodio, Giovanni Di Lonardo, Nicolò Giacalone, Monica Guazzini, Mimma Mercurio, Matteo Munari, Nino Palmeri, Giacomo Stallone.
Nei Sette contro Tebe eschilei, in cui è protagonista il re Eteocle, si accenna di continuo al tema della spartizione dell’eredità e della successione ereditaria.
È la tragedia dell’orrore della guerra, del compimento della terribile maledizione del genos di Edipo: la sua stirpe infatti è segnata da antiche colpe che, in una perversa concatenazione di eventi, si riproducono e moltiplicano.
Le colpe dei padri, così come i loro meriti, ricadono sempre sui figli.
In base alla versione a noi più nota della saga dei Labdacidi, alla morte di Edipo i suoi due figli, Eteocle e Polinice, decidono di regnare ad anni alterni, l’uno durante l’esilio dell’altro; Eteocle, primo a sedere sul trono di Tebe, calpesta l’accordo, ostinandosi a non cedere il trono al fratello allo scadere del suo anno di regno. Polinice, cacciato in esilio, giunge ad Argo, dove ottiene l’appoggio del re Adrasto che gli promette aiuto nel fare ritorno in patria. Polinice, insieme ad altri sei condottieri, muove così guerra alla sua patria.
«Capo contro capo, fratello contro fratello, nemico contro nemico» sono le parole di Eteocle prima dello scontro.
Eteocle ascolta il resoconto di sette messaggeri che, insieme al coro, si stringono intorno al loro capo, mentre raccontano con perizia di particolari quali guerrieri argivi si schierano di fronte alle sette porte, quali armi indossano e quale furia li muove. Il re sa che deve combattere e si prepara ad affrontare il destino che gli pone di fronte proprio il fratello.
Ma sopra ogni cosa Eteocle sa che «Non è dato sfuggire a un male, quando il dio lo manda».
L’attacco termina con la morte dei due fratelli che, nello scontro diretto, si danno vicendevolmente la morte. Il loro destino è compiuto.
La messa in scena, a cura di Nicasio Anzelmo, è un omaggio all’adattamento di Aurelio Pes, lo scrittore, drammaturgo e critico musicale palermitano scomparso nel 2020 che ha saputo cristallizzare, con potenza evocativa, il male intrinseco alla vita dell’uomo e la caducità dell’essere umano di fronte al fato.